SHAPING COLORS – La forza pura dei dipinti di Francesco Carozza, dalle superfici incisive e vitali nel loro dispiegarsi quasi scultoreo, spinge lo spettatore ad approfondire i meccanismi della pittura e a confrontarsi con la stratificazione e la rarefazione, con gli scontri e le distensioni della materia.
Se nel 2018, nella mostra Onirico tenutasi presso la Galleria Seno di Milano, Francesco Carozza aveva esibito l’incipit della sua produzione, in Shaping Colors del 2021 ne vediamo la coerente evoluzione: l’artista arriva a nuovi esiti tramite uno studio quasi ossessivo delle ripetizioni/variazioni del trinomio materia-forma-colore.
Sperimenta così nuove combinazioni cromatiche, con accostamenti contrastanti e irruenti (viola/argento; oro/nero; rosso/verde; viola/giallo) che strizzano l’occhio al mondo pubblicitario della Pop Art americana. Oppure segna varchi neri irregolari in campi monocromatici bianchi, come nell’opera Onirico 0 del 2018 che apre il percorso espositivo e richiama visceralmente un Volume di Dadamaino. Ma se Dadamaino sfonda la superficie attraverso forature, Carozza lo fa sovrapponendo la pura materia del colore. Il corpo pittorico, nella sua realtà tangibile, supera la bidimensionalità della tela diventando forma meteoritica che si muove in un universo monocromatico, come nei due grandi dipinti con cerchio rosa e verde su sfondo bianco che dominano lo spazio della Cortesi Gallery, raggiungendo la percezione del visitatore. Gli elementi costituitivi del dipinto arrivano poi ad emanciparsi dal supporto divenendo forma autonoma, come accade nella scultura Onirico 00 presente in mostra: una sfera rosa shocking di puro colore, una delle più recenti realizzazioni dell’artista.
Le superfici pittoriche, definite da un gesto fluido, vibrano in un continuo e lento moto perpetuo, movimento che è enfatizzato dalla scelta della forma del cerchio, seppur dai confini irregolari. Questa figura geometrica, come ricorda lo stesso Wassily Kandinsky nel Lo spirituale nell’arte (1910), rappresenta graficamente l’infinito e il continuo divenire: è un serpente che si morde la coda (Uroboro nell’antichità) e simboleggia il movimento eterno, la rigenerazione continua dell’universo. Ma se l’adozione di un cerchio si connette formalmente alle ricerche del primo astrattismo e concettualmente a quelle del secondo dopoguerra italiano, la sua moltiplicazione nelle opere Onirico 1, Onirico HCL e Onirico 3 riaccende invece un dialogo con i Dots più contemporanei, da quelli di Yayoi Kusama agli Spots di Damien Hirst.
In tutte le sue opere Francesco Carozza sfrutta le potenzialità della pittura acrilica, dalla materialità satura e viscosa: la stende in strati copiosi, lasciando traccia evidente di un gesto controllato e fluido, dall’andamento curvilineo e dal sapore quasi rituale, con esiti formali che si pongono su un tracciato segnato da artisti come Jason Martin o Donald Martiny. In questo modo Carozza unisce il controllo – attraverso la ripetizione del movimento che struttura la superficie – al caso, che libera la materia e ne rivela la dimensione corporea.
La spessa superficie pittorica nell’asciugare muta, talvolta generando “crettature” dall’andamento imprevedibile: un chiaro atto di ossequio verso Alberto Burri, uno degli artisti più amati da Carozza, insieme a Lucio Fontana. La scelta di utilizzare il velluto rosso nelle composizioni Onirico V esibisce invece un tributo a Piero Manzoni, che utilizza questo tessuto per incorniciare i suoi Achrome. Le opere di Carozza sono intrise di una memoria storico-artistica, un immaginario costruito negli anni in cui, prima di essere egli stesso un artista, era primariamente collezionista appassionato.
Come suggerito dal titolo delle opere, tuttavia, esse rimandano in primo luogo alla sfera inconscia e visionaria dell’artista. La sua passione si è infatti trasformata in un’infermabile urgenza creativa a partire da una “spinta all’azione” ricevuta in sogno nel 2018: “mi sono svegliato nel bel mezzo della notte come se avessi visto un film: ho sognato i miei quadri esattamente come li ho poi realizzati”, egli ricorda. D’altronde l’iniziazione alla creatività a seguito di un sogno è un tema ricorrente sin dall’antichità: basta pensare a Esiodo, a cui le Muse appaiono in sogno sul monte Elicona ispirandone le doti poetiche, oppure a Vincent van Gogh, che trae linfa creativa nei momenti tra la veglia e il sonno, come riporta nella celebre affermazione “sogno i miei dipinti, poi dipingo i miei sogni”, fino al surrealista André Breton, il quale ritiene che la veglia sia un vero e proprio “fenomeno di interferenza”, attribuendo invece all’attività onirica una primaria importanza.
Vera Canevazzi
With their incisive and vital surfaces and almost sculptural deployment, the pure strength of Francesco Carozza’s paintings urges the viewer to delve into the mechanisms of painting, to confront its stratification and rarefaction, how matter comes together and falls apart.
In 2018, at his Galleria Seno Onirico exhibition in Milan, Francesco Carozza exhibited the incipit of his production. Shaping Colors from 2021 brings us his coherent evolution, the artist achieving new outcomes through an almost obsessive study of the trinomial matter/form/color in its various repetitions and variations.
So, the artist experiments here with new color combinations, contrasting and impetuous combos of purple/silver; gold/black; red/green; purple/yellow, alluding to a world familiar from the American Pop Art and advertising world. He marks out irregular black gaps in white monochromatic fields, as in his 2018 work Onirico 0, which opens the exhibition, viscerally recalling a Dadamaino Volume. But where Dadamaino breaks through the surface with perforations, Carozza does so by superimposing pure color matter. In its tangible reality, the body of the painting overcomes the two-dimensionality of the canvas, becoming a meteoritic form that moves through a monochromatic universe. This is equally true of the two large paintings with a pink and green circle against a white background that dominate the Cortesi Gallery’s space, magnetically attracting our gaze. The paintings’ constituent elements become emancipated from their mounts, morphing into autonomous form.
One example is the Onirico 00 sculpture on display, one of the artist’s most recent creations, a shocking pink sphere of pure color. A product of fluid gesture, its pictorial surfaces vibrate in slow, continuous perpetual motion, its movement highlighted by choosing the shape of a circle, albeit one with irregular boundaries. As Wassily Kandinsky noted in Concerning the Spiritual in Art (1910), this geometric figure graphically represents the infinite, a continuous becoming: a snake eating its own tail (in antiquity, Ouroboros), it symbolizes eternal movement and continuous regeneration of the universe. But if choosing a circle is formally linked with research from early Abstractionism and, conceptually, to the Italian post-war period, its multiplication in the artist’s works Onirico 1, Onirico HCL and Onirico 3 rekindles a dialogue with more contemporary Dots à la Yayoi Kusama or Damien Hirst’s Spots.
In all of his works, Francesco Carozza exploits the potential of acrylic paint, its saturated, viscous materiality. He lays it down copiously, leaving evident traces of a controlled, fluid gesture, in a curvilinear progression with almost ritual savor, achieving formal results like trailblazers Jason Martin and Donald Martiny. In so doing, through repetitive movement that imbues the surface with structure, Carozza combines control with chance, freeing the material to reveal its corporeal dimension.
The thick pictorial surface changes as it dries, sometimes generating “cracks” in unpredictable patterns: a clear act of homage to Alberto Burri, and to one of Carozza’s favourite artists, Lucio Fontana. His decision to use red velvet in the Onirico V compositions is, on the contrary, a tribute to Piero Manzoni, who used this fabric to frame his Achromes. Carozza’s works are imbued with art-historical memory, an imaginary constructed over the years; indeed, before becoming an artist himself, he was primarily a passionate collector. As the title of the work suggests, they predominantly refer to the artist’s unconscious, to his visionary sphere.
Indeed, his passion became an unrelenting creative urge after a “prompt to act” in a dream he had in 2018. He recalls: “I woke up in the middle of the night as if I’d seen a movie: I dreamed my paintings exactly the way I went on to make them.”
Creative initiation in dream has since antiquity been a recurrent cultural theme. Muses appeared to Hesiod in a dream on Mount Helicon to inspire his poetic talents; Vincent van Gogh drew creative lifeblood from the moments between waking and sleep, famously saying, “I dream of painting and then I paint my dream”; and such was the primary importance of dreaming to him, Surrealist André Breton believed that waking up is a veritable “phenomenon of interference”.
Vera Canevazzi